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IKEA e i tre paradossi del cliente servito. Storia di un fallimento

Alpitour e i distributori di benzina ci hanno spiegato la differenza tra il Cliente servito e il Cliente fai-da-te. Negli anni abbiamo imparato a conoscere marchi che si sono distinti per la qualità del servizio e altri per la qualità del fai-da-te. Abbiamo anche imparato a riconoscere le occasioni in cui conviene scegliere l’uno o l’altro.

Ho voluto raccontare l’esperienza che Simona e io abbiamo avuto con IKEA, l’azienda multinazionale fondata in Svezia da Ingvar Kamprad, che vende mobili, complementi d’arredo e altra oggettistica per la casa, il cui motto è «To create a better everyday life for the many people». Obiettivo di questo reportage è  fissare bene in mente l’errore fatto. Non è possibile chiedere una serie di servizi aggiuntivi a un’azienda specializzata nel fai-da-te.

##Racconto in sinetesi

Non ho mai scritto un post così lungo, quindi faccio un breve riassunto. Questa storia racconta l’acquisto di 4 mobili. Per esperienza e per quanto promesso da Ikea sul proprio sito, il programma stabilito ci sembrava di semplice esecuzione. Ecco cosa prevedeva:

  1. Lunedì prima settimana: preventivo online dei 4 mobili.
  2. Martedì: visita in negozio per trasformare il preventivo in ordine e richiedere in loco i servizi di Preparazione carrello, Trasporto espresso e montaggio.
  3. Mercoledì: I mobili arrivano a casa e si prenota il montaggio (che è stabilito sia fatto entro max 6 giorni, dunque alla peggio martedì della seconda settimana).

Simona ed io speravamo che il montaggio potesse avvenire un po’ prima,  per potere avere casa pronta (magari!) già da domenica della prima settiman. Le cose non sono andate in questo modo. Read more…

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Sindaco Marino, fatti aggiustare la città da noi che la usiamo

Non siamo l’unico caso di utenti che conoscono il prodotto meglio
dell’azienda che lo produce. Ma in questo caso tra noi ci sono molti,
ma molto più esperti, appassionati e volenterosi fuori che dentro l’aziende (piene, tranne alcune rare eccezioni,  di inetti, menefreghisti e irresponsabili).

Sindaco,
ci lasci aggiustare questa città.

Oggi sono arrivato in ufficio con 45 minuti di ritardo. E sono
impresentabile per quanto ho sudato.
Ho scritto questo post nella tratta Cavour Garbatella
della metro B. Di solito salgo a Termini dopo aver fatto il cambio con
la metro A, che prendo al Quadraro.

Sindaco,
sei circondato da incapaci. Siamo più bravi noi. Noi che poi
valutiamo – un giorno sì e l’altro pure – se andare a lavorare a Londra,
Berlino o Copenaghen.

Oggi un suo dipendente inetto ha pensato bene di annunciare solo a
Vittorio Emanuele che la fermata di Termini della Metro A era chiusa.
Piazza della Repubblica, panico!

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Quando Luke incontra Yoda, l’importanza di rivelarsi al momento giusto

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Riforme costituzionali. Puoi dare voce ai tuoi pensieri fino all’8 ottobre, partecipa.

Ho stampato il questionario per portarlo a casa e capire bene di cosa si tratta. C’è anche il video, che ha poche views, aumentiamole. Intanto sento l’obbligo di diffondere tra i cittadini!

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Parole inutili al brand

Ieri mattina, Rodrigo Albesano, ha postato su facebook due immagini diverse ma con lo stesso slogan forward thinking.

Ad usarlo come sappiamo sono state la Apple, qualche giorno fa, in occasione del lancio dell’Iphone 5S e la Fiat, nel 2001, per la Stilo (un breve  articolo di Quattroruote racconta la campagna di lancio internazionale da 200 miliardi di vecchie lire – alla quale hanno lavorato gli ex colleghi di BGS D’Arcy, acquisita poi da Leo Burnett).

Da un’azienda come Apple mi immagino che sviluppo idee solo ed esclusivamente in un’ottica di  forward thinking, da quando è stata fondata. Trovo banale usare questa espressione per il lancio di un prodotto. Mi sembra non aggiunga valore all marca, né stimoli  l’hipster o il manager curioso o lo smanettone.

Questa storia mi fa pensare a quei manager che quando pensano agli slogan non riescono a rinunciare alla parola nuovo o nuova. Oppure che usano la formula «nuovo + nome» per  lanciare una versione successiva dello stesso prodotto (facelift, redesign, release).

Sarebbe bello curare una rubrica delle parole che non aggiungono valore al brand e anzi, gli tolgono inutilmente spazio.

PS: sarò di parte. Però secondo me per la Fiat, questa campagna fatta nel 2001 aveva un grande senso, è stato un peccato che l’azienda non abbia saputo starci dietro e il prodotto sia stato sostituito nel 2007 dalla Bravo. Così ha voluto il destino. Per consentirmi di lanciare il primo blog automotive d’Europa, Quellichebravo.it, il 19-12-2006, insieme a un sacco di belle persone…

 

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Notizie e carrozze. Il futuro del giornalismo italiano, dopo un tweet

Ho letto un tweet relativo a un nuovo incarico di un tale presso una prestigiosa rivista italiana. 140 caratteri che uniscono auguri personali a una notizia utile per chi come me se l’era persa. Ottimo. Immagazzino la notizia e vado avanti. Qualcosa non torna.
Ci ripenso. Formalmente il tweet è sbagliato. La rivista è italiana, ma anche globale. Ha un profilo twitter globale e poi quelli locali. Chi ha scritto gli auguri ha usato l’italiano e menzionato il profilo globale. L’errore secondo me sta qui. Poca roba, davvero. Però è stato commesso da un giornalista che ha un ruolo importante.

Questo piccolo incidente mi ha fatto tornare su una riflessione che vorrei qui condividere. Il problema è una generazione di giornalisti non nativi digitali che ha troppe difficoltà con questa “novità” dell’informazione digitale.

Il tema non sono i giornali, di carta o digitali, ma l’informazione. Faccio un parallelo con la mobilità. Quante società ferrotranviarie hanno saputo interpretare il nuovo paradigma della mobilità investendo nell’automobile? Quanti ingegneri della Ford o della Fiat, all’inizio del secolo scorso, venivano dal mondo del trasporto su rotaia?

La domanda cruciale è capire chi ci fornirà le notizie in futuro. Io credo che per il lettore la fonte perderà importanza. Auto o treno, bici o tram, l’importante è arrivare a destinazione. Testata storica o aggregatore di news, dove andrò a cercare con fiducia le notizie domani? Quali testate sapranno rinnovarsi, reinventarsi e quante soluzioni invece arriveranno da formule completamente nuove? In questo scenario non abbiamo locomotive, carrozze e automobili, ma persone che hanno scelto, come mestiere, quello di informarci. Il parallelo diventa complicato.

Io, nel frattempo, ho scoperto che vado sempre meno sulle “testate” e sempre più sugli aggregatori. E voi (soprattutto voi che tornate da Perugia)?

Aggiunta del 7 maggio. Muore Andreotti. Ecco i Tag usati da un noto quotidiano nazionale: morte giulio andreotti, morte andreotti, giulio andreotti dies, giulio andreotti dead, Giulio Andreotti death, giulio andreotti. Anche qui, tag in inglese per un articolo in italiano.

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L’usabilità, secondo Raffaella

Raffaella Roviglioni ha tenuto un webinar super apprezzato per architecta, la Società italiana di Architettura dell’informazione: UsabilitABC, capire e progettare artefatti usabili.
Raffaella ha pubblicato le slide e aggiunto lo speech nota per nota. Ho così potuto recuperare agevolmente l’ottima lezione (me l’ero persa!).
Non lasciatevi sfuggire questa presentazione, è davvero preziosa.

UsabilitABC Raffaella Roviglioni per Architecta from Raffaella Roviglioni

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Tag con la data di scadenza (countdown tag)

tag sono metadati semplici ed efficaci: descrivono un oggetto digitale (notizia, foto, video…) e ne consentono la sua ricerca o organizzazione all’interno di sistemi complessi di informazioni.  L’atto di associare uno o una serie di tag a un  oggetto –  meglio a piece of information per dirla con wikipedia - di solito avviene durante la creazione dell’oggetto stesso. Tag si possono aggiungere o sottrarre successivamente, su queso non ci piove. Però, per quanto mi riguarda,  questa è un’operazione artigianale, che faccio successivamente se ho il bisogno di “aggiustare” al meglio una serie di pezzi affinché soddisfino esigenze specifiche.

Countdown 3

By jovike John Keogh http://www.flickr.com/photos/jvk/

Quello che mi è successo oggi mi fa pensare che alle volte i tag potremmo programmarli con una data di scadenza che ci permetterebbe di decidere quando farli sparire da aree di senso che debbono accogliere pezzi più freschi, e dunque più utili a chi cerca e naviga. Mi spiego meglio.
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La cassetta degli attrezzi UXd, per il web marketing manager

Ieri sera ho tenuto il secondo seminario di Architecta, la Società italiana di Architettura dell’Informazione.
La prima puntata, condotta da Rainwiz, era sul responsive content.
Io mi sono occupato della relazione tra UXd e marketing e ho provato a capire quali sono gli strumenti e i deliverable che un web marketing manager può prendere dalla cassetta degli attrezzi di uno User eXperience designer.
Per capire meglio quali argomenti trattare e come ho fatto vera e propria (magari, meglio una sorta di!) user research. Dieci giorni prima del webinar ho somministrato un questionario all’aula.
II risultati sono stati utili sia per costruire i deliverable, ad esempio le Personas, sia per individuare le aree del web marketing che gli iscritti avevano più a cuore. Eccole:

  • social media management
  • lead management
  • change management

Il campo di interesse si è dunque allargato, toccando argomenti come il marketing di prodotto e l’organizzazione aziendale.
Non è stato facile tenere tutto insieme in 45 minuti e alla fine non ho potuto rispondere a tutte le domande.
Ho dato ancora un ritocco alle note della presentazione perché l’esposizione risulti più chiara.
Fatemi sapere cosa ne pensate e fate pure le vostre domande.

Come diventare un web marketing manager migliore, grazie allo UXd from architectaIA

PS: Questa presentazione comincia dalla slide 9, se volete godervi anche il prequel dovete tornare alla prima slide!
PPS: dimenticavo di ringraziare tutte le persone implicitamente o esplicitamente citate durante il webinar e il team di UXd che mi ha aiutato a preparare il webinar, fotografato durante il consueto progress mattutino.
#Standup meeting #agile #uxd #starwars heroes  master Yoda, Darth, R2-D2, imperial stormtrooper

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La crisi, l’innovazione e il commercio tasca a tasca! (via @umbex)

Uno di quegli articoli  freschi e sintetici che fotografano un passaggio importante e che consiglieresti di leggere ad un amico.
H-Farm di Roncade, la manifattura hi-tech

«Il mondo si sta trasformando grazie agli oggetti che ormai abbiamo, tutti, in tasca. Compreso il commercio: negli anni Ottanta andavi dal casoin (il negozio di alimentari, ndr) che ti conosceva, sapeva i tuoi gusti, ti suggeriva il prodotto nuovo da assaggiare. Poi è arrivata la grande distribuzione, si è allargata l’offerta, ma la qualità dell’esperienza utente è crollata, è diventata impersonale. Internet e smartphone possono farla ritrovare, perché le nuove tecnologie ti riconoscono, ti seguono. Questo significa cambiare l’intera dimensione del commercio, il ruolo dei negozi e di chi ci lavora, la filiera delle consegne a domicilio, e non è un caso se Google ha appena investito in BufferBox, una compagnia nata per facilitare le consegne».

Time of Grwoth

Foto di Julpi rilasciata sotto licenza CC | http://www.flickr.com/photos/julpi/5410789908/